by Marcello Cividini
11° giorno giovedì 26 set
Una delle sorelle mi sveglia alle sette, Jorgo è impegnato in sala comunicazioni. Penseranno loro al mio allenamento dopo colazione.
Pensavo che le ragazze fossero più dolci come personal trainer e mi sbagliavo di grosso, ma il mio corpo fa progressi e ormai non sento più dolore alla spalla.
Una piccola folla ci segue fuori dal monastero mentre ci avviamo al nostro velivolo, tutti i monaci bambini vogliono tenermi per mano. Visto da lontano deve essere buffo, un bozzolo nero imbottito di piumino, con due propaggini mobili arancione che formicolano.
Li saluto ancora dalla scaletta e mi fanno tenerezza. Una forte turbolenza ci sballotta mentre buchiamo le nuvole spesse sopra le montagne. Procederemo a velocità di trasferimento, poco sotto a mach 1 la velocità del suono, alla quota di sedicimila metri. L’arrivo è previsto per le ore dodici e trenta a Navarra. La temperatura al suolo prevista è di cinque gradi.
Quasi caldo mi viene da pensare. Il capitano dà gli annunci come fosse un aereo di linea e non un veicolo militare. Non ci sono paratie inutili, sono seduto in seconda fila su di un traliccio, credo di titanio e microfibra.
Ascolto gli annunci in cuffia perché il rumore è assordante. Vedo i piloti, immersi nei loro strumenti, pochi metri davanti a me. Leggo svogliatamente una vecchia rivista di ingegneria areonautica senza capirci nulla, così tanto per sfogliare le pagine per un’oretta.
Di lì a un tratto sento la tensione salire. I piloti si muovono concitatamente e chiedo ad Arturo, seduto davanti, cosa succede. Devo urlare per farmi sentire e lui scuotendo la testa mi indica uno switch per attivare il microfono personale.
Parliamo, ma non sa nulla pure lui. Si sporge in avanti per farsi notare dal copilota e quello fa cenno con la mano di aspettare.
Io interrogo il mio sistema privato e Arra mi avvisa che due caccia ci stanno intimando di atterrare. Ma non era un bombardiere invisibile?
– Invisibile ai radar non vuol dire che lo sia anche a vista e se qualcuno conoscesse esattamente la nostra rotta, sarebbe facile piazzare un paio di sentinelle sul percorso. –
– Come diavolo possono conoscere la nostra rotta? –
– Due sono le possibilità o qualcuno dei tuoi compagni l’ha comunicato, oppure un altro Viaggiatore ha usato quello che tu chiami lettura della mente. –
– Sono il comandante, due aerei da combattimento ci hanno intimato di scendere e di quota e di seguirli a vista. Potremmo ingaggiare un combattimento, abbiamo otto missili aria-aria, ma siamo meno mobili di loro e non credo che siano soli. Attendo ordini. –
Arturo si gira verso di me con aria interrogativa. Qui non siamo al cinema e non ho la minima idea su cosa fare.
Meglio lasciar prevalere il buonsenso di mia nonna Iside “quando arriva il lupo scappa”.
– Scendiamo di quota come dicono, dove siamo? –
– Siamo nella parte nord del Mar Caspio, al confine tra l’impero Russo e l’Armenia socialista. – Sull’acqua, La solita fortuna.
– Quanto manca per la terraferma? –
– Qualche minuto. –
– Tergiversiamo fino a quando superiamo le acque, a che quota siamo ora? A che velocità possiamo arrivare? –
– Siamo scesi a dodicimila, in picchiata possiamo arrivare a mach due, poi però dobbiamo nasconderci in una nuvola o dare battaglia –
– Scendiamo lentamente fino a ottomila e vediamo cosa fanno. –
– Sono nervosetti, ma li tengo a bada. Sono anche risoluti, ma sanno che siamo ben armati anche noi e pure loro rischiano la pelle. –
– Ahi, ahi! Mi stanno intimando di restare a quota diecimila, ho risposto che avevo capito di scendere più in basso… due minuti… e risalgo piano… –
Intanto mi sono messo il piumino e i guanti di pelo. Arturo e Jorgo mi guardano perplessi. Comunico loro che me ne andrò dall’aereo e che conviene loro di seguire i caccia senza problemi. E’ me (anzi Arra) che vogliono, quando si accorgeranno che io non ci sono su quest’aereo le cose andranno meglio per tutti.
– Un minuto. –
– Ci stanno comunicando la nuova rotta per una pista a nord di Tabriz in Persia, ci siamo quasi… ecco la terraferma… ora inizierò una curva molto larga.
– Abbraccio i miei compagni sbalorditi, prendo un respiro profondo e vado in stasi.-
continua…